Spesso i progetti vengono gestiti e sviluppati “a compartimenti stagni”.
Ma cosa significa esattamente? Significa che l’azienda suddivide e isola il lavoro tra i diversi team interni – marketing, R&D, sales, customer support – e talvolta anche consulenti esterni.
Questo approccio comporta diversi problemi:
Il risultato? Ritardi, costi extra e spesso un prodotto finale meno efficace. Senza un dialogo costante tra i team, i problemi emergono tardi e obbligano a rifacimenti, l’esperienza utente risulta frammentata e il valore complessivo del progetto si indebolisce.
Questo aspetto diventa ancora più critico quando si parla di prodotti che hanno una componente interattiva e digitale, integrata direttamente nel dispositivo o demandata a un’app. In Rawr ci occupiamo sia di mondo fisico che digitale, perciò ci scontriamo spesso con questa frammentazione: i brief che riceviamo mettono il design industriale da una parte e la UX/UI dall’altra.
Noi siamo molto scettici rispetto a questo modo di procedere.
Quando un progetto unisce design industriale e UX/UI lo affrontiamo sempre come un’unica esperienza e non come due processi separati e distinti. Lo studio ci ha insegnato, e l’esperienza ci ha confermato, che avere una visione d’insieme migliora coerenza, usabilità, estetica e valore percepito del prodotto. Fisico e digitale sono parti dello stesso tutto: solo se dialogano possono permettere al prodotto di funzionare davvero.
Alla base di tutto c’è la ricerca. La riteniamo il fondamento di ogni progetto e per questo le abbiamo dedicato l’articolo La user research nel design: perché è cruciale.
Questo approccio, però, non si limita alla nostra operatività quotidiana: quando collaboriamo con le aziende, cerchiamo di influenzare anche i loro processi interni, portando un metodo cross-funzionale e integrato:
Questo però non significa che design industriale e UX/UI siano uguali: hanno tempi, vincoli e ritmi diversi, soprattutto nella gestione a lungo termine del progetto.
Nel design fisico, una volta approvato il concept e realizzati i 3D condivisi, i designer diventano “guardiani” che seguono la fase di ingegnerizzazione per assicurarsi che adattamenti e ottimizzazioni rispettino il concept. Quando lo stampo è pronto e il prodotto è in produzione, la forma può considerarsi definita e definitiva: cambierà solo al prossimo – eventuale – restyling.
Il design digitale invece è fluido e, come un essere vivente, è in continua evoluzione: grazie ai feedback reali degli utenti, può e deve cambiare. La consegna di un file Figma non è la fine, bensì l’inizio di un percorso.
C’è un modus operandi – purtroppo diffuso – di molti studi di design: terminare il progetto, consegnare i file Figma, inviare la fattura finale e considerare il lavoro concluso. Fine della storia!
Questo è un approccio ereditato dal mondo della comunicazione e grafica pre-digitale, ma nel digitale non funziona proprio così.
Un’interfaccia non è o un prodotto grafico o industriale: è un processo vivo e vegeto. Trattare un’app o una piattaforma come se fossero cataloghi o sedie vuol dire condannarle a invecchiare male – spesso già pochi mesi dopo il lancio.
Il design digitale non è un progetto una tantum, ma è paragonabile a un organismo che cresce nel tempo, si adatta alle situazioni e impara dagli altri.
Per questo il vero valore del nostro ruolo sta nella sua capacità di restare “agganciato” al progetto. Come? Leggendo i dati, interpretando i feedback e traducendoli in nuove soluzioni.
Rawr alert: diffidare sempre da chi fa ghosting dopo la consegna dei file! Non sta facendo consulenza, sta semplicemente vendendo esecutivi grafici.
Un progetto digitale non può considerarsi chiuso al lancio del prodotto e il ruolo di un designer digitale non si esaurisce con la consegna dei deliverable: è importante restare. Numeri, insight e feedback diventano interfacce migliorate e si traducono in flussi più efficaci.
I progetti fisici hanno scadenze e momenti di rottura naturali, quelli digitali no. Ecco perché in Rawr Studio ci teniamo a costruire relazioni che durano nel tempo attraverso step di valutazione, analisi dei dati, rilasci incrementali, test periodici. Il design che ci piace è fatto di iterazione, affinamento, progresso. Non siamo dinosauri che si estinguono dopo il lancio.
In breve:
Serve una consapevolezza condivisa e una visione congiunta, perché il fisico ha un inizio e una fine, mentre il digitale è un percorso continuo.
Un contratto di collaborazione davvero efficace stabilisce tempi e attività su misura per design industriale e UX/UI, garantisce supporto post-lancio e prevede una relazione stabile e duratura. Solo attraverso un approccio integrato il prodotto diventa più di un oggetto bello e ben fatto: un’esperienza completa e coerente, capace di evolvere.
Patti chiari tra azienda e studio di design, vita lunga al progetto!