12.5.2025

AI: minaccia o opportunità per i designer?

Siamo tornati sui banchi di scuola per seguire un corso sull’AI applicata al design, organizzato dal Parco Scientifico e Tecnologico Galileo. Un’immersione totale nel mondo dell’intelligenza artificiale, tra tool, test ed esperimenti vari.

Abbiamo messo le mani – e la testa – su un bel po’ di strumenti. Eccone alcuni:

📝 AI per testi
ChatGPT
Claude.a
Copy.ai
Clee.ai
Gemini

🎙 AI per audio
Elevenlabs

🎨 AI per immagini
Midjourney
Krea
Firefly
Vizcom

🧑‍🎤 AI per avatar e traduzioni
Synthesia
HeyGen

🎬 AI per video
Runway

 

Questi tool non erano per noi una novità assoluta, ma il corso ci ha dato l’occasione di approfondirli, testarli uno a uno, capirne pregi e limiti. Abbiamo alternato momenti di puro caos creativo – mai visto così tanti dinosauri diversi in vita nostra – a test più strutturati; abbiamo perfino provato a ripensare la comunicazione di Rawr Studio attraverso l’AI.

Il verdetto? L’AI a volte è frustrante per la mancanza di controllo, altre volte sorprendente per le possibilità che apre. Una cosa però ci è chiara: l’AI non sostituisce la creatività, bensì la amplifica, la provoca, la stimola. Ci costringe a vedere cose che, da soli, forse non avremmo mai considerato.

Per questo articolo siamo partiti da una domanda che ci riguarda e da qui abbiamo provato a trovare risposte ad altre domande basandoci sulla nostra esperienza. Perché l’AI non è solo una questione tecnica: è un terreno di confronto, di dubbi e di possibilità.

“Fuck Asteroids”: uno sketch trasformato in pixel art – in pochi secondi – con Vizcom

Da forma embrionale – e discutibile – a dinosauro 3D con Krea

Il dinosauro in versione origami prende vita con Vizcom

L’AI può creare?
L’AI è creativa?

Sì, l’AI può creare. Abbandoniamo l’idea che l’intelligenza artificiale non possa inventare nulla di nuovo. Nel 2025, i modelli AI sono talmente avanzati che la casualità stessa genera novità imprevedibili.

Ma questo significa che l’AI è creativa? No, l’AI non è creativa. L’intelligenza artificiale produce contenuti attraverso una casualità semi-controllata, basata sui parametri del prompt e sui dati di addestramento. La creatività, però, è un’altra storia: è la capacità di combinare elementi in modo originale e significativo. Non basta accostare parole o colori a caso per definirsi creativi. La creatività è la capacità di generare senso e significato, una caratteristica profondamente umana che nasce dall’intuizione, dall’esperienza e dalla capacità di attribuire valore ai dati. Di processi creativi ne abbiamo parlato – anzi, scritto – qui.

Inoltre, la creatività umana non si limita alla generazione di idee, ma implica anche un processo di validazione e iterazione. Mentre l’AI può proporre infinite varianti di un concetto, è il giudizio umano che stabilisce quali siano valide, innovative e rilevanti in un determinato contesto. In questo senso, l’AI diventa uno strumento di supporto, non un sostituto.

Basta saper fare il prompt giusto per usare bene l’AI?

Negli ultimi anni, il dibattito sull’intelligenza artificiale si è concentrato sull’importanza del prompting come nuova competenza fondamentale per gestire l’AI. Ludovico Diaz, CEO di NTT DATA Italia, in una recente intervista su Actually, sottolinea come il vero salto tecnologico risieda nell’evoluzione del linguaggio di interazione uomo-macchina. Non si tratta più di codici, comandi o funzioni complesse, ma di linguaggio naturale. Questo cambiamento rende l’AI più accessibile e democratica, spostando il focus sulle competenze linguistiche, umanistiche e verbali.

Questa accessibilità apre nuovi scenari, permettendo a professionisti di settori diversi di interagire con l’AI senza conoscenze tecniche avanzate. Tuttavia, il prompting richiede una capacità raffinata di formulare richieste precise, strutturate e contestualizzate, trasformandolo in una skill strategica. Saper dialogare con l’AI diventa una competenza cruciale, che unisce capacità logiche, linguistiche e analitiche.

Eppure siamo convinti che non basta essere “maestri del prompting”: senza una direzione, nemmeno il prompt perfetto può portarci lontano.

AI: rivoluzione già vista o disruption totale?

Ci siamo chiesti se questa, come tanti sostengono, sia una rivoluzione senza precedenti. Per fare un confronto, tra gli anni ‘80 e’90 gli architetti, i designer e i grafici sono passati dal disegno manuale al digitale, un cambiamento che ha rivoluzionato quei settori, ridefinendo completamente le competenze richieste a questi professionisti e ampliando il numero di persone in grado di utilizzare gli strumenti di progettazione.

L’intelligenza artificiale renderà tutto democratico? Chiunque potrà diventare architetto, designer, grafico o artista? Crediamo proprio di no. Già oggi chiunque può utilizzare alcuni tool impiegati dai professionisti della creatività per generare modelli 3D e render dall’aspetto professionale. La professionalità, però, non risiede tanto nel prompting, quanto nella capacità di comprendere e analizzare i risultati. Solo un architetto esperto può discernere quale dei cento output generati dall’AI sia realmente valido, quale risponda al brief di progetto, quale sia sostenibile economicamente, quale sia attuabile rispetto alle normative e, soprattutto, quale garantisca che l’edificio non crolli.

In questo senso, l’AI abbassa la soglia d’ingresso a strumenti avanzati, ma non sostituisce la conoscenza profonda di un settore. Lo stesso vale per il design, l’ingegneria, la medicina e molte altre discipline: l’AI facilita, accelera, amplifica, ma non rimpiazza la competenza umana.

L’automobile disegnata da un bambino di 9 anni diventa un concept in 3D grazie a Vizcom. Ma per vederla su strada, ci vuole molto più dell’AI.

Intelligenza artificiale e creatività umana: un’interazione complementare?

L’AI ci permette di generare caos, imprevedibilità e casualità, di mixare, rielaborare e creare nuovi elementi in tempi rapidissimi. Tuttavia, almeno per ora, non è in grado di attribuire loro un senso o un significato. Questo rimane un compito esclusivo dell’intelligenza umana. In ambito professionale, solo un esperto può valutare la validità e l’attuabilità di un output generato dall’AI.

Mentre in settori come la finanza e la medicina le applicazioni dell’AI hanno un impatto diverso e ben definito, nell’ambito creativo il suo ruolo è più sfumato. Si tratta di un potenziamento del nostro lavoro, un acceleratore dei processi creativi, capace di democratizzare l’accesso agli strumenti avanzati di progettazione, ma non di sostituire il processo decisionale umano.

L’AI offre uno spazio di sperimentazione, permettendo ai designer di esplorare soluzioni alternative, testare idee e visualizzare concept in tempo reale. Ma senza una direzione strategica e un’intenzione chiara, queste esplorazioni rischiano di essere prive di significato. La creatività non è solo produzione, ma anche selezione, affinamento e innovazione consapevole.

Dove e quando ha senso usare l’AI nel processo creativo?

Oggi, dobbiamo imparare a sfruttare l’AI per ottimizzare il nostro tempo e le nostre capacità. Meno tempo dedicato alle operazioni manuali di ricerca e sperimentazione significa più tempo per l’analisi, la definizione degli obiettivi, la comprensione del problema e la rifinitura della soluzione.

Il punto chiave è capire esattamente in quale parte del workflow operativo l’AI può essere utile. A inizio 2025, risulta particolarmente efficace nelle seguenti fasi:

  • Ricerca: analisi e sintesi di grandi quantità di informazioni.
  • Ideazione: generazione di molteplici concept grezzi.
  • Prototipazione rapida: creazione di bozze di testi, immagini, video, suoni, sketch e render in tempi ridotti.
  • Iterazione creativa: esplorazione rapida di variazioni su un’idea di base.
  • Analisi e validazione: supporto nella valutazione delle soluzioni generate.

Tuttavia, la comprensione del brief, la scelta delle giuste direzioni tra le molteplici proposte dall’AI e il perfezionamento progressivo dei concept rimangono ancora competenze umane fondamentali. L’AI non è in grado di generare soluzioni definitive al primo tentativo, né di realizzare in autonomia prodotti finali.

 

L’AI ci ruberà il lavoro?

Diciamolo chiaro: lo scopo dell’AI non è rubarci il lavoro, ma darci un assist. Non sostituisce il designer, lo potenzia. Si occupa delle parti ripetitive e noiose, lasciando più spazio alla strategia e alla vera creatività.

E no, l’AI non è semplicemente un software. Dopo tutte le prove che abbiamo fatto, ci siamo convinti che dovremmo vederla come un collega “outsider”, quello che spiazza proponendo idee assurde e senza senso. Come quel designer matto che sforna decine di idee – il 90% inutilizzabili – che ad un certo punto sgancia la genialata che svolta il progetto.

 

Quindi, l’AI è una minaccia o un’opportunità?

Noi votiamo per opportunità. E siamo pronti a cambiare prospettiva, a farci domande nuove, ad accettare un po’ di caos in cambio di nuove possibilità.

Certo, sul piano sociale il discorso è più spinoso e meriterebbe un’analisi a parte. Su un punto però non ci sono dubbi: umano e AI stanno già lavorando – e collaborando – insieme, proprio come è successo in passato con Photoshop e AutoCAD. L’AI è solo il prossimo step e sta a noi decidere come usarla per ridefinire il nostro ruolo di creativi.

Il valore dell’AI lo mette chi la usa con competenza, visione e spirito critico. Ecco perché continueremo a esplorarla e sperimentarla per progettare meglio – e non solo dinosauri!

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