C’è una novità! Dal 28 giugno 2025, l’accessibilità digitale non è più solo una buona pratica da seguire se avanza tempo: è requisito di legge a tutti gli effetti.
Oltre che per le Pubbliche Amministrazioni, con l’entrata in vigore dell’European Accessibility Act, diventano vincolanti le linee guida WCAG 2.1 - livello AA, per aziende con più di 10 dipendenti o con fatturato annuo superiore a 2 milioni di euro.
Ma non si tratta (solo) di evitare sanzioni. Per chi progetta – designer come noi, developer, strategist, content creator – l’accessibilità diventa sinonimo di qualità: progettare in modo accessibile significa – finalmente – progettare meglio. Non perché ce lo impone Bruxelles, ma perché è la cosa giusta da fare.
Andiamo con ordine: capiamo bene cosa significa, cosa cambia e cosa possiamo – e dobbiamo – fare per creare un mondo più accessibile dal punto di vista digitale.
Accessibilità: cosa significa davvero?
Secondo il Cambridge Dictionary, con il termine accessibility si intende:
In parole nostre: “accessibilità” significa rendere spazi, contenuti e servizi fruibili da chiunque, a prescindere dalle abilità. Un diritto, prima ancora che una scelta progettuale.
Nel mondo, 1,3 miliardi di persone vivono con disabilità significative. È il 16% della popolazione globale. Numeri che non si possono ignorare.
Di seguito, le percentuali ISTAT delle disabilità tra gli utenti internet in Italia:
Oltre alle disabilità permanenti, vanno considerate anche le disabilità temporanee o situazionali:
La disabilità non è una caratteristica della persona. È l’effetto di un mismatch tra individuo e ambiente, prodotto o servizio.
Quando il design non funziona per qualcuno, è lì che nasce la disabilità.
L’equazione è semplice:
Design accessibile = design consapevole
Ma tra il dire e il fare… c’è di mezzo un bel po’ di lavoro. Progettare prodotti, servizi ed esperienze accessibili significa:
Per fortuna il tema dell’accessibilità viene studiato e sviluppato da decenni, e questo permette ai designer di non partire da zero: si tratta di abilitare le tecnologie assistive già esistenti e di applicare principi chiari, come le linee guida per il web accessibile (WCAG).
Le tecnologie assistive sono hardware o software che consentono alle persone con disabilità di interagire con l'ambiente. E sono ovunque, spesso davanti ai nostri occhi.
Gli occhiali da vista, ad esempio. Talmente integrati nella quotidianità che ci dimentichiamo cosa sono davvero: una tecnologia che, da secoli, abilita milioni di persone a leggere, lavorare, guidare, studiare. Senza, anche le azioni più banali diventerebbero ostacoli. Gli occhiali sono la prova che l’accessibilità non è qualcosa di straordinario, ma di straordinariamente ordinario.
Un’altra tecnologia assistiva che usiamo ogni giorno – così familiare da passare inosservata – è la tastiera. Senza tastiera, il computer sarebbe una macchina silenziosa e chiusa. È grazie a questo strumento che scriviamo, programmiamo, cerchiamo, chattiamo, diamo forma alle idee. Ogni tasto è un ponte tra intenzione e azione, tra mente e macchina.
Negli anni ’60 e ’70, la tastiera ha rimpiazzato le schede perforate; negli anni ’80 è entrata in case e uffici; oggi è uno degli strumenti più universali e inclusivi mai progettati. La tastiera ha democratizzato il digitale. Ed è anche questo il cuore dell’accessibilità: progettare device che funzionano per tutti, senza etichette né distinzioni.
E poi ci sono altre tecnologie assistive che usiamo senza farci troppo caso: i sottotitoli e le descrizioni audio. I sottotitoli aiutano a seguire i dialoghi, mentre le descrizioni audio descrivono anche i suoni e la musica. Utilizzati principalmente da persone sorde o con problemi di udito, sono utili anche per chi guarda un film in una lingua diversa dalla propria o in un ambiente rumoroso.
Oltre a quelle più comuni e di uso comune, ci sono tecnologie assistive specifiche per ogni tipo di disabilità:
🧠 Per la disabilità cognitiva o dell’apprendimento:
👁 Per la disabilità visiva:
👂 Per la disabilità uditiva:
🖐 Per la disabilità motoria:
💻 Software e tool digitali assistivi:
🤖 Tecnologie emergenti:
Quando parliamo – o come in questo caso, scriviamo – di accessibilità digitale, ci piace raccontare il caso Tesco.
Nel 2001 Tesco, una delle più grandi catene di supermercati del Regno Unito, ha fatto qualcosa di semplice ma rivoluzionario per l’epoca: ha deciso di rendere accessibile il proprio sito di e-commerce.
Non lo ha fatto solo per rispettare la legge o per questioni etiche – che di per sé sarebbero comunque ottimi motivi, ma perché aveva già capito che rendere il sito più usabile per tutti significava ampliare il proprio pubblico. Il team ha lavorato per ottimizzare l’interfaccia, migliorare la leggibilità, renderlo navigabile con la tastiera e compatibile con gli screen reader. Piccoli accorgimenti, ma profondamente inclusivi.
Il risultato? Un aumento del 350% delle vendite online in un solo anno.
Un dato che parla chiaro: progettare in modo accessibile non significa solo fare la cosa giusta, significa anche – e soprattutto – fare la cosa intelligente. Perché quando si eliminano le barriere, oltre ad aiutare le persone con disabilità permanenti, si agevola:
Quello che Tesco ha capito oltre vent’anni fa è validissimo ancora oggi: l’accessibilità digitale è un investimento, non un costo. È una leva di innovazione, crescita e differenziazione. E in un mondo in cui l’e-commerce è ormai il canale di vendita principale per molti servizi e prodotti, escludere anche solo il 15-20% del pubblico – persone con disabilità permanenti, temporanee o situazionali – significa perdere opportunità concrete di business, perché non è una percentuale trascurabile, ma una fetta significativa di mercato.
Mettere le persone al centro paga sempre!
L’industria dei videogiochi è uno dei settori più all’avanguardia in fatto di accessibilità digitale: con un giro d’affari che supera cinema e musica messi insieme, le aziende gaming hanno compreso da tempo che includere più giocatori non è solo una scelta etica, ma anche un vantaggio competitivo enorme.
Negli ultimi anni, i principali player del settore – Sony, Microsoft e alcuni studi di sviluppo – hanno investito seriamente in tecnologie, interfacce e soluzioni dedicate a rendere i videogiochi accessibili anche a chi ha disabilità motorie, sensoriali o cognitive.
Nel 2018, Microsoft è stata pioniera con il lancio dell’Xbox Adaptive Controller (XAC), ancora oggi uno dei dispositivi più avanzati nel panorama dell’accessibilità videoludica.
Nel 2023, Sony ha lanciato il PlayStation Access Controller, una soluzione completamente ripensata per permettere alle persone con disabilità motorie di giocare su PS5.
Se i controller sono hardware accessibili, The Last of Us Part II è l’esempio eccellente di accessibilità nel software. Lanciato nel 2020, è stato uno dei primi videogiochi tripla-A a includere oltre 60 opzioni di accessibilità. Molti gamer con disabilità rilevanti, come cecità totale, hanno potuto giocare per la prima volta a un titolo di questo livello senza dipendere da altri.
👉🏻 Guarda il dietro le quinte di TLOU
Il web ha rappresentato, e continua a rappresentare, una svolta storica per le persone con disabilità. È uno degli strumenti più potenti mai creati per abbattere barriere, favorire l’autonomia e ampliare le possibilità di partecipazione sociale, culturale ed economica.
Il web ha permesso – e in molti casi abilitato per la prima volta – l’accesso a informazioni, servizi e relazioni a persone che, nel mondo fisico, trovavano ostacoli strutturali. Per chi vive con limitazioni motorie, sensoriali o cognitive, il web ha significato – e continua a significare – libertà, autonomia e partecipazione.
Grazie a uno screen reader, una persona cieca riesce a leggere il giornale del mattino, a fare la spesa online, a seguire un corso universitario. Grazie a un computer, una persona con difficoltà motorie può lavorare da remoto, partecipare a riunioni e inviare documenti.
Il web ha impattato profondamente su vari aspetti della vita quotidiana, per tutte le persone:
Il World Wide Web avrebbe davvero tutte le potenzialità per essere il luogo più accessibile mai creato. Nasce con questo intento e non lo diciamo noi, ma il suo inventore Tim Berners-Lee:
I servizi di internet sono a disposizione di tutti gli individui, indipendentemente dai loro requisiti hardware e software, dall’infrastruttura di rete, dal loro linguaggio di nascita, dalla loro cultura, posizione geografica e attitudini fisiche e mentali.
Eppure, se guardiamo i numeri, il quadro è tutt’altro che rassicurante: secondo stime recenti, solo l’1% dei siti web al mondo rispetta i requisiti minimi di accessibilità. Quindi, nonostante le tecnologie disponibili e le linee guida internazionali, il web resta un ambiente profondamente escludente: testi troppo piccoli, pulsanti non etichettati, contenuti non leggibili dagli screen reader, video senza sottotitoli e descrizioni audio.
A differenza del mondo fisico, per accedere al digitale non servono ascensori o rampe: servono solo scelte progettuali consapevoli. È una questione culturale, non tecnica.
Ogni volta che progettiamo un’interfaccia, una landing page o un’interazione, ci troviamo davanti un bivio: costruire un’esperienza che include oppure un’esperienza che esclude. E troppo spesso, per pigrizia, ignoranza o mancanza di priorità, scegliamo – senza nemmeno accorgercene – la seconda strada. Quella che lascia indietro le persone e non porta da nessuna parte.
Ne abbiamo parlato all’inizio, ne riparliamo qui: le WCAG (Web Content Accessibility Guidelines) sono le linee guida sviluppate dal World Wide Web Consortium (W3C) per migliorare l'accessibilità dei contenuti web per le persone con disabilità. Classificate in tre livelli (A, AA, AAA), il livello AA è considerato lo standard minimo di riferimento.
In base alle direttive europee, il rispetto delle WCAG è obbligatorio per le Pubbliche Amministrazioni e per le PMI e deve essere applicato a siti web, app, software e servizi digitali.
Gli obblighi concreti sono:
In sintesi, si tratta di uno standard multidisciplinare che coinvolge tutta la filiera del digitale e fornisce indicazioni utili per designer, per sviluppatori e, più in generale, per chiunque contribuisca alla creazione di contenuti digitali accessibili
Come designer digitali, abbiamo la responsabilità – e la bellissima opportunità – di costruire ambienti digitali più equi. Ecco 5 “to do” fondamentali che riguardano il nostro ruolo, in linea con le WGCA e da tenere sempre in mente:
Utilizzare un linguaggio semplice, privo di tecnicismi inutili, con frasi brevi (massimo 15-20 parole) aiuta le persone con dislessia, con difficoltà cognitive o, semplicemente, chi ha poco tempo.
Un buon contrasto tra testo e sfondo (almeno 4.5:1) migliora la leggibilità. Evitare di usare il solo colore per trasmettere informazioni è fondamentale per includere persone daltoniche o con altri disturbi visivi. Plugin (come Stark o Contrast per Figma) possono supportare i test visivi.
Un’interfaccia accessibile è prevedibile e navigabile con la tastiera. Tutti i contenuti devono essere raggiungibili senza l’uso del mouse e i link devono avere testi descrittivi (es. no ai “clicca qui”).
Ogni immagine deve avere un testo alternativo (alt text), tranne se è puramente decorativa. Audio e video devono includere sottotitoli e, idealmente, descrizioni audio per persone non vedenti.
Screen reader, tastiere alternative o interfacce vocali non devono ostacolare l’accesso ai contenuti. Conoscere queste tecnologie aiuta a progettare in modo più consapevole.
L’accessibilità non è un check da spuntare alla fine del progetto: è un mindset progettuale da adottare fin dall’inizio. Wireframe, UI kit, copywriting, test: ogni fase è un’occasione per progettare includendo tutte le persone.
Questo approccio non è un favore che facciamo a qualcuno: è una responsabilità professionale. E anche una straordinaria occasione per fare design migliore, più chiaro e più utile. Da designer abbiamo il potere – e il dovere – di ridurre le disuguaglianze digitali e ogni interfaccia che progettiamo può essere un passo in più verso un web davvero accessibile a tutti.
Quindi, designer di tutto il mondo, settiamo il nostro mindset sull’accessibilità!
Continua a leggere il nostro blog